Le sbarre invisibili

Un matrimonio frettoloso si rivela una gabbia infelice per i coniugi che non si sono potuti conoscere a fondo e può indurre a pensieri o azioni disperate chi non ha il coraggio di affrontare le conseguenze pur dolorose di una scelta differente.

Tema: Tradimento – Ambientazione: Luogo di mare

Per Maurizio sposarsi era stato senza dubbio uno sbaglio.

Se ne era reso conto troppo tardi, quando i riflettori ormai si erano spenti, il viaggio di nozze era finito e la vita coniugale aveva avuto inizio. Era innamorato della propria moglie Sonia, o almeno lo era stato all’inizio, e fra il sentimento che provava per lei e l’approvazione dei genitori che la adoravano, la sua indole impulsiva e impetuosa lo aveva indotto a inginocchiarsi con un anello in mano dopo solo tre mesi che si conoscevano. Nel giro di sei mesi erano marito e moglie, finché morte non ci separi. E certi giorni Maurizio avrebbe desiderato davvero morire per separarsi da Sonia! A causa del poco tempo, i preparativi per il matrimonio erano stati rapidi, quasi precipitosi, così che il promesso sposo non si era troppo allarmato per la costante necessità della fidanzata di trascorrere molto tempo con lui. In fondo si dovevano prendere mille decisioni, scegliere tante cose insieme assecondando i gusti di entrambi, che ancora si conoscevano a vicenda così poco.

La luna di miele aveva iniziato a far rizzare le antenne al neo-marito, che durante la crociera avrebbe desiderato riposarsi senza troppi pensieri facendo solo ciò che gli andava, ma che si era ritrovato costantemente col fiato dell’adorata sposina sul collo. Non che non volesse stare con lei, ma non voleva stare tutto il tempo solo con lei! Desiderava, a volte, prendere il sole o leggere un libro o rimanere a dormire in cabina senza venire disturbato dal continuo chiacchiericcio della moglie, che non solo non smetteva un attimo di parlare, ma non gli lasciava nemmeno un angolino di spazio e di tempo da solo con se stesso! Maurizio sperava che questi suoi modi eccessivamente appiccicosi fossero solo una sua impressione, che tutto fosse accentuato dall’euforia di Sonia per il loro matrimonio e dall’isolamento della coppia che non aveva conoscenti a bordo e si doveva limitare alla compagnia reciproca, probabilmente esacerbando il contatto quotidiano fra loro. Tornati a casa, alla solita routine, tutto si sarebbe certamente risolto, pensava Maurizio, allentando la tensione che sentiva crescere dentro. Una sera si era persino scosso dal desiderio serpeggiante, mentre guardavano un tramonto e Sonia continuava a stringerlo soffocandolo di abbracci e di parole, di gettarsi fra le onde ed essere triturato dalle pale della nave che si muoveva nel crepuscolo. Inorridito dal pensiero che lo aveva sfiorato, aveva ringraziato il cielo che l’indomani la crociera sarebbe finalmente finita, così da poter tornare alla vita di sempre.

Ben presto, però, il neo maritino si era dovuto ricredere, poiché la tanto agognata privacy veniva costantemente e ripetutamente violata dalla neo mogliettina, che tanto per cominciare odiava le porte chiuse e lo costringeva a tenerle spalancate a costo di crisi isteriche da manuale. Durante il tempo passato in casa, non trascorrevano nemmeno dieci minuti senza che Sonia avesse qualcosa da chiedere a Maurizio, o che, con una scusa qualsiasi, trovasse il modo di parlargli disturbandolo qualunque cosa lui facesse. Le chiamate durante le ore di lavoro, poi, erano un tormento, e lo avevano reso lo zimbello dell’ufficio, dal momento che ogni mancata risposta era una sicura crisi isterica, anticipata e seguita da una sfilza di messaggi in cui lo si accusava dei più turpi delitti, lo si qualificava coi nomignoli più ignominiosi e lo si sfidava con le più sottili minacce all’incolumità della moglie e del suo sventurato coniuge. Nemmeno la notte il pover’uomo riusciva ad avere un po’ di pace, dal momento che Sonia parlava a voce alta agitandosi nel sonno, certamente rivivendo le ansie della giornata e riversando nuovamente sul marito una valanga di insulti e sproloqui anche da sonnambula.

Eh si, rifletteva Maurizio, sposarsi per lui era stato senza dubbio uno sbaglio.

Specialmente conoscendo Sonia da così poco tempo e senza aver presentito in tempo questo lato morboso del suo carattere, che emergeva ogni giorno più prepotentemente.

E più ci pensava, seduto sulla sabbia, a guardare lo spumeggiante mare invernale sferzato dal vento, più si sentiva come un topo preso in trappola. Era la prima volta dopo quasi due anni che finalmente trascorreva un po’ di tempo da solo in silenzio. Il suo capo lo aveva mandato a sbrigare alcune faccende fuori sede, che si erano protratte fino a troppo tardi per rientrare in città, così che Maurizio aveva deciso di raggiungere la vicina abitazione estiva dei suoi genitori. La casetta era un piccolo appartamento al terzo piano di un complesso residenziale prettamente estivo che durante l’inverno era per lo più disabitato. La madre lo teneva sempre pulito ed efficiente e con qualche provvista, dato che col marito vi trascorreva almeno un paio di fine settimana al mese. Avvisata la moglie della necessità di soffermarsi per la notte fuori, sopportate e affrontate, durante oltre un’ora di conversazione telefonica, le sue aspre proteste e rassicuratala che sarebbe stato sempre raggiungibile in ogni istante, Maurizio aveva raggiunto il piccolo appartamento che odorava di sabbia e sole, si era preparato un pasto veloce a base dello scatolame che la madre aveva lasciato, e poi era corso in spiaggia con una coperta. Le temperature erano basse, e fino al giorno prima aveva piovuto, lasciando l’aria e la spiaggia umida e penetrante e il mare rivoltato come un calzino. Ma la necessità di riempirsi le orecchie del fragore delle onde e gli occhi del nero della notte per svuotarsi l’anima dal tormento degli ultimi due anni avevano vinto su ogni disagio. La sensazione soffocante di stare per annegare in quella vita tanto opprimente lo sopraffece all’improvviso come un colpo alla nuca, e senza rendersene conto Maurizio si ritrovò a piangere disperato, e ad imprecare urlando nel vento e nella notte, ululando le sue disgrazie in solitudine. Quando tornò verso casa, svuotato ed esausto per lo sforzo, si accorse di una luce accesa al secondo piano, nell’appartamento vicino al suo. Pensò allora di passare a salutare i signori Venchi, che conosceva fin da piccolo ed erano vecchi amici delle estati di famiglia. Gli aprì la porta Elettra Venchi, la figlia sua coetanea e compagna di giochi di tante vacanze al mare, e tanto tempo prima anche sua vecchia fidanzatina.

<<Ciao Mauri!>>. <<Ciao Elettra! Come stai? Come stanno i tuoi?>>. <<Se la cavano, come sempre! Tu invece? Non hai un bell’aspetto! Vieni, entra, stavo preparando un tè caldo. Ti va di bere una tazza con me?>>. Chiese la donna invitandolo ad entrare. Titubante per la gelosia della moglie, che lo aveva appena chiamato per chiedergli cosa facesse, ma stremato dal pianto e dai pensieri, Maurizio infine accettò volentieri. Scoprì che Elettra andava spesso in quella casa estiva, ne aveva fatto praticamente il suo laboratorio di scultura, trovando più facilmente, in quell’appartamentino piccolo ma confortevole con il balcone fronte mare, l’ispirazione per le opere che le venivano commissionate o che nascevano dalla sua fantasia. Scoprì che prediligeva quel luogo silenzioso e solitario durante l’inverno, quando nessuno la disturbava, mentre durante la bella stagione preferiva partire, alla scoperta di nuovi luoghi o di persone e maestri da cui apprendere nuove tecniche e trarre ispirazione. Riusciva a mala pena a sopravvivere, con la propria arte, ma si sentiva felice e quel tanto le bastava. Si sentiva libera, e nonostante i sacrifici questa era la sensazione a cui non avrebbe mai rinunciato.
Dopo l’ennesima telefonata della moglie, alla quale Maurizio aveva tenuto nascosto di essere con Elettra, assicurandole che stava andando a dormire, il vecchio amico d’infanzia si abbandonò a un lungo sfogo sulla prigione dalle sbarre invisibili che, invece, era diventata la propria vita. Le parole di Elettra avevano dato il colpo di grazia a quell’uomo già provato, che si era ritrovato a invidiare profondamente l’indipendenza della donna e la sua fermezza nel difendere la propria autonomia da ogni legame o vincolo tradizionale. Senza sapere come, si era ritrovato a baciarla, ad accarezzarla, a gemere insieme a lei su quel divano che aveva ascoltato a lungo i loro segreti. Era ormai l’alba quando si erano finalmente assopiti, e per la prima volta dopo tempo Maurizio si era sentito di nuovo vivo e pieno di possibilità.

Svegliato bruscamente dal suono del telefono e dal buongiorno della moglie, che lo invitava a sbrigarsi per non fare troppo tardi a lavoro, Maurizio, che ancora stringeva fra le braccia il corpo semi nudo di Elettra, si sentì di nuovo inondare dalla disperazione per la propria vita, che si amplificava man mano che prendeva coscienza del senso di colpa che si accompagnava al tradimento. <<Stai sereno, Mauri, per me è tutto come prima, non mi devi niente e non ti devo niente. E’ stato bello ma finisce qui, con molta semplicità. Tua moglie non lo saprà mai e tu sarai libero di scegliere la vita che vuoi. Ciao ciao!>> Lo salutò così Elettra, con un leggero bacio sulle labbra.

Mentre guidava verso l’ufficio, Maurizio era in subbuglio.

“…libero di scegliere la vita che vuoi…” aveva detto Elettra.

Era libero di scegliere, secondo lei.

Ma lo era davvero?

Questo articolo è stato scritto per la prima volta su Steemit a questo link:

https://steemit.com/ita/@piumadoro/le-sbarre-invisibili

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