Mi disseto nei tuoi anfratti

Un lungo flusso di pensieri accompagna la passeggiata ispiratrice di un uomo insonne, innamorato della città di Parigi come di una musa ispiratrice, ma turbato da un incontro nuovo e sconvolgente.

Tema: La sete – Ambientazione: Una grande metropoli

Pur vivendo a Parigi ormai da oltre 10 anni, non riesco ancora a saziarmi di questa città. Certo, è sporca e ben lontana dai fasti di un tempo, che echeggiano ancora nella memoria collettiva di una iconografia filmografica o romanzesca nostalgicamente anacronistica. Certo, i parigini sono molto snob e trattano con una certa derisione, al limite della scortesia, chi viene dalla provincia e non da almeno due o tre generazioni di radici cittadine.

Eppure ai miei occhi Parigi appare come la più bella delle donne, e ne sono perdutamente innamorato. I suoi ritmi frenetici scandiscono sia il giorno che la notte; le sue strade brulicano di una umanità che trasuda il travaglio della vitalità; i suoi quartieri accostano stili così diversi che ciascuno sembra viva di vita propria, pur pulsando all’unisono con gli altri: organi unici di un unico organismo.

Passeggio per le sue strade scrutando palazzi e monumenti, volti e persone, e non me ne stanco mai.

Mia madre a volte ancora mi domanda: “Ma cosa ci trovi in quella città puzzolente e sporca, piena di ratti e col cibo di plastica?!” e io non so cosa risponderle. Da dove vengo io, un bellissimo borgo alpino ai confini con la Svizzera, l’aria è pulita, la gente tranquilla, le case incastonate nel verde dei laghi, e sapori e profumi ti accarezzano intensi ed evocativi. Nonostante ciò, non riuscivo a sentirmi a casa, laggiù, e ho a lungo girovagato per la Francia prima di trovare qui la mia dimora, la più lunga che io abbia mai avuto.

Sembra quasi uno stereotipo: colui che fa dell’arte il proprio mestiere e la propria vita che infine si stabilisce a Parigi, la città degli artisti.

Ma non è una cosa che scegli, questa, è una cosa che senti. Te lo senti sulla pelle, percorsa dai brividi la prima volta che la vedi. Te lo senti nelle ossa, che quasi non reggono lo sforzo delle distanze percorse ogni giorno, eppure ne desiderano ancora. Te lo senti nello stomaco, che si stringe in una morsa quando te ne allontani; e negli occhi, che quasi si riempiono di lacrime di gioia quando scopri un nuovo, meraviglioso angolo dal quale mai eri passato.

E’ una sensazione che non lascia spazio al libero arbitrio, che ti afferra e sconvolge la tua vita diventando un’ossessione per la quale lotti fino a ottenere ciò che desideri ed estinguere la sete che ti attanaglia la gola.

Quando torno dopo tempo alla mia adorata città di Parigi, trascorro sempre qualche ora, giorno o notte che sia, vagando senza meta fra le sue strade, a volte prendendo i mezzi pubblici, a volte facendomi trasportare dalla folla o dagli odori o dai suoni o dai colori, esplorandone gli anfratti nascosti per dissetarmi infine delle sua bellezza senza tempo. A volte entro in un museo che non avevo ancora visitato, o mi soffermo davanti a maestosi edifici mai notati, o semplicemente mi siedo sulla panchina solitaria di una piccola piazza nascosta, e sento per un istante una meravigliosa sensazione di appagamento che mi pervade.

Dura solo pochi attimi, ma quel momento di estasi è sufficiente per perpetuare la dipendenza che mi lega alle sue strade.

I miei pochi amici dicono che parlo di Parigi come di una donna che mi ha reso schiavo del suo amore, e forse hanno ragione, o forse no: io non so cos’è l’amore. Di tutti gli stereotipi su Parigi, questo è il più falso. Ho avuto poche donne nella mia vita, alcune sono durate tanto, altre meno, ma con nessuna ho mai provato più di un caldo invaghimento, che come il tepore del letto in una fredda mattina invernale, svanisce subito appena te ne allontani. Speravo che nella città dell’amore il mio cuore potesse ardere di passione, ma nulla è riuscito ad accendere più di qualche breve fuocherello.

Fino a ieri.

Quegli occhi, Dio mio! Quegli occhi! Assetati di bellezza quanto i miei, sembravano allargarsi all’infinito per inghiottire il paesaggio attorno a noi.

I capelli erano linee sinuose e scure, che avvolgevano il contorno delle cose sottolineando la bellezza delle strade e dei palazzi mentre il corpo ed il profumo si fondevano in armonia con l’ambiente circostante. E’ bastato un solo istante a scatenare quella stessa immensa sete di esplorare quella donna in ogni anfratto come fosse la mia città, ma non basterà una notte insonne camminando senza sosta per le strade di Parigi a saziare il desiderio di farla mia.

Ecco ancora l’artista che cade nel clichè e si innamora sull’ambiente di lavoro.

Mi sento quasi intorpidito dalla sconcertante prevedibilità dei miei sentimenti e dall’irrazionale insensatezza del colpo di fulmine. Eppure da quando Claire ha varcato la soglia del mio studio ogni cosa sembra aver mutato direzione, persino la rotazione terrestre e il corso della Senna.

Devo rivederla.

E’ l’unica cosa che riesco a pensare vagando fra le strade, mentre ormai albeggia e per la prima volta questa città mi appare arida come un deserto, quando l’oasi è lontana e la frescura delle palme un miraggio, e l’unica cosa che desideri è placare la tua sete a una fonte limpida e chiara.

Ah, Parigi! Non mi basta più dissetarmi alla tua bellezza! Una nuova strana sete si impossessa del mio cuore!

Disfatto e stanco ma ancora insonne mi dirigo verso casa per cambiarmi. Presto arriverà il momento di tornare al lavoro e lì rivedrò Claire, la mia nuova collaboratrice, inviata dal Musèe d’Orsay per restaurare insieme una delle opere più preziose del Museo, a cui lavoro ormai da quattro mesi.

Di certo ama l’arte quanto me.

Di certo ama la città quanto me.

Chissà se amerà un giorno anche un uomo patetico, improvvisamente romantico e perdutamente innamorato quanto me.

Questo articolo è stato scritto per la prima volta su Steemit a questo link:

https://steemit.com/ita/@piumadoro/mi-disseto-nei-tuoi-anfratti

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