Ibiza’s Trip

Questo racconto si ispira alle tante storie che ogni estate passano inosservate e pur cambiando completamente la vita di molte persone occupano a volte non più di un breve titoletto nei tg o nei giornali. Si va in vacanza per divertirsi, ma a volte non si ritorna (mai più) gli stessi e i nostri sogni e il nostro futuro si infrangono contro minuscole compresse che promettono il trip migliore della tua vita, ma che spesso sono un biglietto di sola andata verso l’inferno.

Tema: Viaggio – Ambientazione: Presente

Ballavano, ballavano da tutta la notte.

Luci corpi odori suoni colori sudori.

Ultima notte a Ibiza di quella estate

calda e giovane, fresca di maturità.


Niente stanchezza, non quella notte, solo avventure, le avventure più belle della loro vita.

All’improvviso, sgomitando fra la folla di corpi, Giangi arrivò trafelato dai suoi due amici
<<Usciamo!!!>> urlò loro per farsi sentire nel rumore della musica pulsante. Carlo smise a malincuore di strusciarsi con la bella biondina dall’abbigliamento succinto e con il drink ancora in mano, che senza tante cerimonie si spostò a cercare il prossimo compagno di danze. Attilio era appena rientrato dall’area fumatori, dove aveva rimediato un altro drink.

<<Che succede Giangi? Non sono nemmeno le 4!!>> Gli chiesero i due amici. <<Dobbiamo fuggire. Dei ragazzi stanno cercando di uccidermi!!!>>. Carlo e Attilio si guardarono ed annuirono. Conoscevano la natura inquieta e vivace dell’amico: bastò poco per capire che si era cacciato nei guai. Magari una parola o una spinta di troppo. Magari aveva toccato il culo alla ragazza sbagliata. Non ci tenevano a finire sulle cronache italiane dei pestaggi in discoteca. Uscirono immediatamente, assecondando l’amico.
Fuori, però, Giangi non si calmò affatto: continuava a guardarsi le spalle, a camminare veloce con gli occhi spiritati quasi fuori dalle orbite. <<Un taxi, presto!>> Disse mentre già agitava il braccio per fermarne uno. Diedero l’indirizzo del B&B dove alloggiavano, e il taxi si mosse. Ma Giangi continuava a guardare indietro, scrutando la notte. <<STOP!!! PARA!!! PARA AQUI!!>> esclamò all’improvviso, di nuovo gridando. <<Che cazzo fai, cretino?! Che ti prende adesso?!>> chiese Carlo intontito. Il taxi, nel frattempo, aveva accostato e chiedeva qualcosa in spagnolo. <<Cuenta, por favor! Bill please! Rapido! Rapido! Ci stanno inseguendo, non lo capite? Sono proprio dietro di noi, vedranno dove abitiamo e ci uccideranno tutti prima dell’alba!>> farfugliava Giangi agli amici, con un tono terrorizzato e un po’ invasato. Aveva gettato dieci euro all’autista ed era sceso dalla vettura, dirigendosi a tutta velocità verso un vicolo. Gli amici erano ancora storditi dall’alcol e dalla stanchezza e seguivano Giangi quasi passivamente, ma iniziavano a preoccuparsi, cercando di comprendere la reale entità della situazione. Lui si muoveva furtivamente, strisciando lungo i muri, abbassandosi e nascondendosi dietro ogni cosa che gliene desse la possibilità, sobbalzando a ogni auto che passava. Dopo alcuni minuti, Carlo, che aveva riacquistato un po’ di lucidità, gli afferrò un polso per fermarlo, chiedendogli <<Ma insomma, si può sapere che cosa hai fatto a ‘sti tizi? Chi sono? E che cazzo stai facendo adesso?>>. Senza nemmeno capire come, si ritrovò a terra piegato in due, preso in pieno allo stomaco da un gancio destro da manuale. <<TU! Tu sei con loro! Tu sei una spia! Vuoi farci uccidere, vuoi venderci al Governo!>>. A quel punto Attilio, strabiliato dal comportamento dell’amico, si era svegliato del tutto ed era andato a soccorrere Carlo, dolorante e sotto shock per l’accaduto. Attilio era il più alto e robusto del gruppo, e dopo aver aiutato Carlo a rimettersi in piedi, afferrò saldamente per le spalle Giangi e lo scosse forte <<Che cazzo stai facendo, amico?! Nessuno ci segue, nessuno ci spia, nessuno ci vuole uccidere. Adesso ce ne andiamo a casa e la smetti con queste cazzate.>> Giangi lo guardò, gli occhi sgranati e le pupille enormi. Sudava freddo e aveva il fiato corto. Le arterie gli pulsavano veloci sotto la pelle tesa e pallida delle tempie. <<Cazzo, Giangi, ma sei fatto?! Mi senti?! Hai preso qualcosa in discoteca?!>>. Ma Giangi all’improvviso si mise ad urlare, come se Attilio si fosse trasformato in un mostro. Gli morse forte il braccio per liberarsi e ricominciò a correre lontano da loro.

Carlo e Attilio erano allibiti. <<Che facciamo adesso?!>> domandava il primo. <<Quel coglione si sarà fatto abbindolare dai pusher. Cazzo, lo molliamo un attimo e ne combina una. Niente droghe, avevamo detto. Solo canne, alcol e donne, avevamo detto. Ma lui no, doveva certo provare altro, desiderava un super trip da mesi. E adesso non possiamo abbandonarlo: seguiamolo e chiamiamo un’ambulanza>>.

Erano già le 9 del mattino quando finalmente un medico uscì a parlare con Carlo e Attilio in quella spoglia sala d’aspetto del Pronto Soccorso Psichiatrico. Dopo un lungo inseguimento, avevano trovato Giangi a terra, dietro un bidone della spazzatura, che si contorceva coprendosi la testa con le braccia, affermando le più impronunciabili assurdità su complotti, microspie e chip nella sua testa. L’ambulanza aveva dovuto sedarlo. In ospedale ai suoi amici era toccato spiegare come meglio potevano l’accaduto, aiutandosi col traduttore dello smartphone. Era stata una notte molto lunga.
<<Salve ragazzi,>> Li salutò il medico in italiano, un uomo di circa quarant’anni. <<Sono el Doctor Espinoza, sono un psiquiatra, y parlo un poco de italiano, me acuerdo un poco dalla universidad: ho fatto un anno in Erasmus a Roma, tanti anni fa. Cercherò di farvi capire cosa succede…>> disse estraendo dalla tasca del camice una piccola bustina trasparente, che mostrò loro. Era etichettata come “B-Dragonfly” e conteneva piccoli residui di polvere rosa. <<Era en la tasca del suo pantalon. L’avete presa anche voi?>>, chiese. I due ragazzi scossero la testa. <<Il vostro amigo en este momento ha psicosi por la droga. Psicosi è cuando lui crede cose strane, como che lo inseguono o lo vogliono uccidere, o sentono suoi pensieri, o crede ci sono microfoni e telecamere; cuesto se llama “delirio”. Psicosi è anche cuando vede o sente cose che non ci sono, y son las allucinaciones. Ahora li abbiamo dato antipsicotici e benzodiazepine, dei farmaci para tranquilizarlo, pero no sabemos cuanto tiempo ancora avrà psicosi: forse giorni, forse anni o forse para siempre. Esta es una droga muy potente pero muy poco conosciuta in suoi effetti di lungo periodo. Sapete se qualcuno in su familia è con malattia mental? Con esquizofrenia, per esempio?>>. I ragazzi non riuscivano a proferire parola, stavano solo scuotendo la testa. <<Ok ragazzi, per adesso teneis que esperar. Cuando verranno sus padres, i genitori di vuestro amigo?>>. Per la prima volta i ragazzi aprirono bocca: <<Dottore, noi non abbiamo detto nulla ai nostri genitori, Pensavamo fosse una cosa passeggera; pensavamo che in ospedale lo avreste fatto stare bene, o almeno abbastanza bene da prendere l’aereo questo pomeriggio… Era il nostro ultimo giorno!>> Disse Carlo angosciato.

Il dottore li guardò con tenerezza e compassione. Quanti ragazzi come quelli vedeva ogni estate! Venivano in cerca di ogni genere di sballo e divertimento, convinti della propria onnipotenza e invincibilità, con la tracotanza tipica della loro giovane età. Volevano ballare, bere fino al coma etilico, scopare a costo di farsi del male, e vivere l’ebbrezza dei trip di Ibiza. I pusher ti fermavano direttamente per la strada per chiederti cosa volessi, dalle canne alla Meow Meow. Quanti ne aveva salvati dalle overdose o da se stessi! Tutti loro, che sotto l’effetto delle nuove droghe sintetiche rischiavano la morte o danni permanenti. Tutto per una sola notte di sballo. Quanti erano morti (per fortuna pochi) e quanti, forse peggio ancora, erano tornati a casa psicotici, forse ormai irrimediabilmente. Cosa capivano questi ragazzi del dover prendere farmaci a vita, del non poter mai più avere una esistenza normale?

Ma quella era Ibiza, una splendida isola di divertimento e pericoli per degli adolescenti ormai adulti davanti alla legge, che da tutto il mondo prendevano il volo verso il divertimento.

<<Mi dispiace ragazzi,>> continuò il Dottor Espinoza, <<il vostro amigo dovrà restare in osservazione almeno due giorni, se non migliora lo dobbiamo ingresàr en el hospital. Ricoverare, capite? En la Psiquiatria. Credo sia meglio che avvisate i genitori.>>. Con queste parole, il Dottore scomparve di nuovo dietro la grande porta del Pronto Soccorso.

Né Carlo né Attilio riuscivano a parlare. Avevano gli occhi sbarrati dalle emozioni e nella testa di entrambi risuonavano le parole “psicosi”, “farmaci” e “para siempre”. Fu Carlo, infine, che estrasse meccanicamente il telefono dalla tasca e con lo sguardo ancora fisso nel vuoto disse <<Atti, io chiamo mia madre.>>.

Questo articolo è stato scritto per la prima volta su Steemit a questo link:

https://steemit.com/ita/@piumadoro/ibiza-s-trips

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