La Principessa tradita
Questo racconto è una genderbender fanficion, ovvero la rielaborazione di un’altra storia cambiando il sesso del protagonista. Il romanzo scelto a cui mi sono liberamente ispirata è “Le mille e una notte”: ambientato ai giorni nostri, ha per protagonista una donna che è stata tradita e come il principe Shahriyar si vendica ogni notte usando e poi eliminando (metaforicamente) i partner, finché nella sua vita non entrerà il corrispettivo dell’ammaliante Shahrazad.
Tema: genderbender fanfic – Ambientazione: contesto originario o AU
La notte era densa e calda e profumava d’estate e di gelsomini, che dai rampicanti o sui terrazzi diffondevano in quella stagione il loro odore pungente.
Mia si preparava per la sua notte di passione: anche quella sera avrebbe mietuto un’altra vittima.
Appena entrata nel bar tutti si girarono per un attimo a guardarla. Era splendida nel suo aderente vestitino nero che le avvolgeva le forme, con quel profondo scollo in mezzo ai seni piccoli e sodi e la schiena scoperta sulla pelle liscia ed ambrata. Lo stiletto dei tacchi, poi, accentuava il fondoschiena perfetto e le conferiva quell’aspetto sensuale e pericoloso che non era affatto apparenza.
Senza alcuna esitazione Mia si diresse con eleganza al tavolo dove la attendevano le due colleghe di lavoro con cui usciva di solito. <<Buonasera, Principessa>> la salutarono.
Tutti conoscevano Mia come “La Principessa”, e così la chiamavano da sempre, non solo per i suoi modi eleganti ed altezzosi, ma anche per l’incredibile bravura nel lavoro di avvocato, dove già in giovane età aveva manifestato lo stesso eccezionale talento dei suoi genitori, a loro volta nominati il Re e la Regina del foro. Con la morte della madre ed il pensionamento del padre, era lei, adesso, poco più che trentenne, ad occuparsi e gestire lo studio legale di famiglia, che andava a gonfie vele grazie alla bravura della Principessa.
<<Avete individuato la “cena” di stasera?>> Chiese diretta Mia senza nemmeno salutarle. Quasi senza farci caso, una delle due colleghe additò un bel ragazzo con un calice di vino bianco in mano. <<Avevamo ponderato quel bel pezzo di manzo: che ne pensi?>>. La Principessa lo squadrò da cima a fondo, in maniera così penetrante che l’uomo, sentendosi osservato, si girò a guardarla. Per nulla intimidita, sostenne lo sguardo con impudenza e sensualità, fino a costringere il “manzo” a distogliere gli occhi e arrossire come una scolaretta.
<<Si, può andare. Certo che ultimamente la merce di qualità scarseggia. Monia, Ava: sapete cosa fare>>. Le due donne si stavano già muovendo, quando nel bar entrò un piccolo gruppo di ragazzi nuovi. <<Aspettate,>> intimò la Principessa a quelle che, più che colleghe, sembravano delle vere e proprie sottoposte, << Vediamo chi arriva>>. In quel momento una delle due sbiancò in volto, iniziò a sudare freddo e ad apparire nervosa. Dopo soli pochi secondi intervenne: <<Principessa, sono mocciosi insignificanti, per te. L’uomo di prima mi sembra perfetto per questa serata>>. Ma Mia aveva già puntato la sua preda: <<Voglio quello lì stasera. E’ sexy e ingenuo. Sarà perfetto. Andate>> ordinò. Sempre più nervosa, Monia iniziò a protestare debolmente, mentre Ava, strabiliata da tanto ardire, la guardava con gli occhi stralunati, come se la collega fosse totalmente impazzita.
<<Principessa, ti prego. Quello è mio nipote. Ti supplico, risparmialo!>> la implorò. Mia sollevò contrariata lo sguardo dal drink. Non era abituata a gente che ribatteva ai suoi ordini. Attese un istante, poi rispose: <<Ti concedo 10 minuti in più del solito per spiegargli la situazione. Adesso andate. O domani non disturbatevi ad alzarvi per venire in ufficio>>.
Con gli occhi lucidi, abbassarono entrambe lo sguardo e si alzarono. Sapevano cosa significava quella frase. Non sarebbe stato un semplice licenziamento: lei avrebbe rovinato le loro vite.
C’era stato un tempo in cui Mia era una persona severa ma corretta e umana, e gestiva lo studio legale ereditato dal padre in maniera impeccabile. Poi, però, a solo un mese dalle nozze, aveva scoperto che il suo fidanzato la tradiva da sempre con qualunque donna avesse un paio di belle tette. Fra le altre, anche la sua “migliore amica”, la quale, interpellata sulla questione, rispose con cattiveria: <<Gli uomini sono tutti dei porci. Il tuo bel fidanzatino non è da meno. Mi sono fatta lui e almeno la metà dei tuoi ex, non ce n’è uno che non ci abbia provato appena giravi gli occhi. E non solo con me, ma con un mucchio di altre donne. Cresci, Mia, ti vogliono solo per il tuo denaro, e anche se sei una bomba, agli uomini non basterà mai: vogliono solo infilarsi nel maggior numero di mutande possibile>>.
Per l’umiliazione e lo shock di aver perso contemporaneamente un’amica e un quasi marito, la Principessa era diventata spietata, sia con gli uomini che con le donne. Solo coi bambini emergeva ancora il suo lato più dolce e sensibile, spoglio di ogni pericolosa corazzata.
Conoscendo i più intimi segreti dei due fedifraghi, era riuscita a trascinarli in tribunale e grazie alla sua abilità aveva lasciato loro solo gli occhi per piangere, umiliandoli. Consumata la sua vendetta, si era dedicata totalmente al lavoro, e pretendeva che gli altri facessero lo stesso. Tutti la temevano ormai, consapevoli della sua pericolosità e dell’implacabile desiderio di rivalsa non del tutto soddisfatta, alimentato dal rancore e dalla diffidenza verso tutti che non l’avevano più abbandonata. Per la stessa ragione, aveva deciso di usare gli uomini che desiderava per una sola notte, per poi ucciderli. Metaforicamente, si intende. Le due colleghe che l’accompagnavano servivano proprio a questo: individuavano la preda, le spiegavano quanto la Principessa fosse pericolosa e che non potevano rifiutarsi dal passare la notte con quel bel pezzo di figliola, facendo tutto ciò che lei volesse; specificavano che all’alba sarebbero stati portati via da Monia o Ada e che non avrebbero mai più dovuto farsi vedere da lei o chiamarla o rivolgerle la parola. Come fossero morti. Lei uccideva un uomo dopo ogni notte. Così nessuno avrebbe mai più potuto tradirla.
Quella sera, però, era rientrato in città il nipote di Monia, che solitamente lavorava in giro per il mondo. Il caso aveva voluto che lui ed i suoi amici scegliessero proprio quel bar, proprio in quell’istante, e Mia lo aveva puntato. Max era un ragazzo che spiccava per la sua bellezza innocente e spontanea, il suo sorriso dolce e i suoi occhi penetranti. Era dotato di una intelligenza acuta e di una cultura vastissima. Quando non lavorava come fotoreporter, amava fare volontariato per i bambini, fossero essi malati o disagiati, e con loro si divertiva un sacco. Esplorando il globo aveva imparato molte cose: ad esempio che non importa che lingua parli, se lo desideri riuscirai sempre a farti capire da un bambino e farlo divertire. Zia Monia era tanto fiera di lui, lo amava come il figlio che non aveva mai potuto avere e aveva la morte nel cuore per quello che stava per fare, ma sentiva di non avere scelta: ne andava delle vite di entrambi. Quando salutò il nipote, Max si accorse subito che qualcosa non andava. La donna sorrideva, ma le scivolavano le lacrime sulle guance mentre gli parlava.
Max portò la zia fuori, a prendere una boccata d’aria fresca, e immersi nei profumi della notte estiva Monia gli spiegò fra i singhiozzi la situazione. Con gli occhi socchiusi, Max ascoltava. Quando la zia tacque, ammirò per un lungo istante le stelle, poi l’abbracciò e le disse <<Zia, non preoccuparti. Sei in una brutta situazione, ti aiuterò io, stai tranquilla. E’ solo una stronza come tante. Lo farò e poi dimenticheremo la faccenda: è comunque solo per una notte>>.
Al di là delle circostanze in cui si erano conosciuti, Max e Mia trascorsero insieme una intensa notte di passione. Mia era bella, sensuale, ma anche molto intelligente, e le brevi conversazioni con lei, fra un amplesso e l’altro, furono piacevoli e brillanti. Di solito non parlava con le sue prede, ma la semplice spontaneità di quel ragazzo l’avevano disarmata al punto da farle abbassare un po’ la guardia. Trascorsero molte ore nella piacevole compagnia l’uno dell’altra, poi Mia si assopì. Disteso sul letto, Max guardava il cielo stellato dalla finestra riflettendo sulla bizzarra serata. Sapeva che presto sarebbe stato “giustiziato”: l’arrivo dell’auto di Ada, che all’alba lo avrebbe portato via, segnava la fine di ogni possibile contatto con quella donna superba e dal cuore ferito. Aveva accettato il gioco con biasimo, ma adesso che stava per finire sarebbe stato game over solo per lui. E lui non voleva perdere, perché era inspiegabilmente attratto da quella donna forte e al contempo fragile più di qualunque altra avesse mai incontrato. La sera prima, parlando con la zia, l’aveva odiata e disprezzata; adesso, dopo quella notte insieme, non voleva separarsene, non voleva “morire” per lei, voleva rivederla.
Accese il pc che portava sempre con se, pieno dei suoi lavori e delle foto che faceva, e cominciò a scrivere. La luce dello schermo svegliò Mia, che intorpidita chiese: <<Che stai facendo, perché non dormi anche tu? Presto sarà l’alba e dovrai andar via>>. <<Lo so, Principessa, ma appena farà giorno mi aspetta un branco di bambini che attende le mie storie, e devo preparare il lavoro, non vorrei deluderli per nulla al mondo. Ti chiedo scusa se ti ho svegliato. Mi metto subito in un’altra stanza in attesa di Ada. Addio Mia, è stato bello conoscerti>> Rispose lui, facendo per alzarsi. <<Aspetta!>> ordinò Mia col tono imperioso che la contraddistingueva. <<Aspetta,>> ripeté più gentile e curiosa. <<Di che bambini parli? Che storie racconti?>>. Un sorriso increspò per un istante l’angolo della bocca di Max: l’aveva agganciata. <<Dolce Principessa, sei davvero gentile a interessarti a me. Sono un fotoreporter, ma adoro stare coi bambini e vado spesso, quando posso, presso associazioni di volontariato che mi segnalano dove recarmi per farli divertire un po’. Domani vedrò dei bambini con fibrosi cistica, li intratterrò mentre l’associazione per i genitori di bambini malati farà la sua riunione mensile. I bambini adorano sentire le storie dei miei viaggi: faccio loro vedere le mie foto, soprattutto quando ci sono gli animali, e poi ci ricamo un po’. Adesso sto selezionando cosa mostrare, nel frattempo mi faccio venire in mente una nuova storia da raccontare. Sono furbi, sai? Si ricordano tutto, e vogliono sempre racconti nuovi. Vuoi sentirne uno?>>. Incuriosita ed ormai del tutto sveglia, Mia annuì e si mise in ascolto. Max allora cominciò, cingendola con un braccio mentre con l’altro faceva scorrere le immagini al pc poggiato sulle sue gambe: <<Devi sapere, mia dolce Principessa, che nella lontana Malesia…>>
… e così iniziò la prima delle mille e una storia che Max conosceva.
Il viso di Mia, bellissimo ma di solito altero, pian piano cominciava a distendersi, ammaliata dalle vicende narrate nelle storie di Max, catturata dalla sua voce e affascinata dai suoi scatti. Ma proprio sul più bello, la luce filtrò dalla finestra, e il rumore di un’auto, puntuale come una condanna, accompagnò l’arrivo dell’alba.
Max chiuse il computer, interrompendo il racconto a metà <<Ada è qui. Come da tuo desiderio, sparisco per sempre dalla tua vita. Addio Mia>>. <<No, ti prego, aspetta!>> Rispose la Principessa trattenendogli la mano <<E poi cos’è successo al padre e a suo figlio? E la tigre è sopravvissuta? Tu devi dirmelo!>>. <<Mi dispiace, dolce Principessa,>> rispose Max sfiorandole i capelli, <<è una storia ancora lunga e non voglio che Ada attenda. Inoltre fra meno di due ore devo andare dai bambini>> e sfiorandole la fronte con un bacio, si avviò lento ma deciso verso l’ingresso dell’elegante appartamento.
Mia rimase attonita sul letto, guardando per un momento il vuoto, il volto contratto in una specie di lotta interiore. Poi si alzò di scatto, raggiunse la porta dell’ingresso ed intimò alle spalle di Max, con un tono che non ammetteva repliche: <<Ti aspetto stasera, per la storia e le foto. Non mancare o sarà peggio per te e tua zia>>. Il ragazzo, girandosi a guardarla col suo sorriso dolce e disarmante, le sussurrò solo <<Allora a stanotte, Principessa>>.